Gli studi precedenti
Le ricerche sulla fortuna
dei Padri hanno avuto in Italia ed in Europa uno sviluppo limitato
rispetto agli analoghi studi sulla fortuna dei classici. Questo tipo
di indagini non ha tuttavia carattere pionieristico in quanto dal
dopoguerra in poi, dopo il 1950 circa, anche sulla spinta di lavori
come quelli di Joseph de Ghellinck sulla letteratura cristiana
medievale, si sono avviate numerose indagini in questo settore.
Degli
omeliari/sermonari carolingi e di quelli in scrittura beneventana in
particolare, sono state svolte, sino ad oggi, pochissime analisi.
Molti testi sono ancora inediti e quelli editi sono poco studiati.
Per gli omeliari il lavoro di Réginald Grégoire
si arresta a Paolo Diacono (fine sec. VIII), mentre per gli omeliari
in scrittura beneventana non esisteva fino ad ora neanche un elenco
completo dei manoscritti che li tramandano.
Tuttavia questo nucleo di
fonti era stato giudicato da Henri Barré, nel 1969,
uno dei gruppi di omeliari più omogenei e numericamente consistenti.
L’affermazione non si basava però su un censimento sistematico dei
testimoni completi e di quelli frammentari. Per le descrizioni dei
singoli codici allora si poteva ricorrere solo all’articolo dello
stesso Barré (1964)
dedicato al Vaticano latino 4222. Negli ultimi decenni la situazione
non è mutata in modo significativo: all’analisi del Madrileno 194
dovuta a Raymond Étaix (1982)
e alle descrizioni di Jean Mallet e André Thibaut (1984)
degli otto omeliari della Biblioteca Capitolare di Benevento e di
Virginia Brown (1991)
del ms. s.n. del Museo Diocesano di Salerno si sono aggiunte
(1994-2006) quelle degli omeliari (100, 102, 103, 104+109, 106, 111,
113, 123, 305, 534) conservati nell’Archivio dell’Abbazia di
Montecassino, apparse, a cura di Giulia Orofino, nel corpus
dei codici decorati.
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